Siamo al 16 di ottobre e la paranoia collettiva, in Italia ma non solo, sembra essere tornata quella di marzo. I numeri del contagio nostrano hanno subito un’impennata imprevista e soprattutto, guardando indietro di due settimane, il nostro Paese sembrava quasi un’oasi felice rispetto alle nazioni del resto d’Europa, Francia e Spagna in testa. Sono aumentati in maniera consistente i tamponi e, con i controlli, stanno inevitabilmente aumentando anche i nuovi positivi e le terapie intensive. La cosa che mi ha lasciato perplesso è che, nonostante l’esperienza accumulata in questi mesi, il nostro governo sembra approcciarsi a questa situazione con la solita inadeguatezza.
ALL’ACQUA DI ROSE. Il DPCM del 13 ottobre, per il quale erano state annunciate misure eccezionali, in realtà è andato a regolare degli aspetti molto marginali nelle vite degli italiani. Soprattutto, come sempre, si è preferito fare un aleatorio affidamento al buon senso degli italiani anziché assumersi la responsabilità di scelte nette, chiare e non interpretabili. E questo è stato un tratto distintivo che ha caratterizzato, ahimè, l’approccio politico e culturale dell’esecutivo guidato dal premier Conte. Molto più facile spostare la responsabilità sul comportamento dei cittadini e, in caso di aumento dei contagi, scaricare su di loro ogni colpa anziché cercare di riaffermare con forza e serietà la centralità delle scelte della politica.
LA SFIDA GOVERNO-REGIONI. Ed è così che i governatori di regione, in questo braccio di ferro atavico con il governo centrale, sono tornati ad essere protagonisti. De Luca ha annunciato la chiusura delle scuole e delle università fino alla fine di ottobre e Fontana, in Lombardia, sta ipotizzando un coprifuoco dalle 22 di sera per evitare gli assembramenti fuori dai locali e per dare anche una stretta alla vita notturna in generale, ristoranti compresi. E se nella prima fase della pandemia la cabina di regia era stata il governo centrale di Roma, adesso si è lasciato più spazio alle regione in modo che ogni governatore potesse stringere i rubinetti a seconda della situazione emergenziale. Difficile però pensare che, laddove ad esempio la Lombardia decidesse per il coprifuoco dopo le 22, le altre regioni non adottino tale provvedimento. Si sta già parlando, ad esempio, delle chiusure di palestre, negozi e parrucchieri. Vediamo se saranno iniziative delle regioni o di Roma.
TERRORISMO MEDIATICO. Per non parlare del ruolo svolto dai media e dai social, dove ventiquattro ore al giorno sette giorni su sette trovano spazio solamente le notizie relative all’emergenza Covid. Medici, infettivologi, virussologi, pandemiologi e stregoni ormai sono diventate le nuove star del mainstream che garantiscono ai siti di aumentare le visualizzazioni, a programmi tv di alzare la curva dello share e ai quotidiani di vendere più copie. Nel nostro modello di società contemporanea, che qualche divulgatore filosofico ha iniziato a chiamare “società della paura”, una pandemia mondiale come quella del Covid è una vera e propria vacca da mungere fino alla sfinimento. Nel nome del click baiting, della condivisione, degli introiti pubblicitari.
IL CAOS. Ed è così che la nostra amata Italia si ritrova ad affrontare questa seconda ondata di contagi con un piede già nel baratro nel bel mezzo di un grande caso. Un baratro collettivo, culturale, psicodrammatico. L’isteria collettiva che si respira ormai nei bar, nei luoghi di lavoro e in ogni relazione affettiva credo sia diventata evidente e difficile da sostenere. Singolarmente e come nazione. Ritrovarsi con questa classe dirigente di certo non è rassicurante.
Con tutto questo però, faremo i conti solo tra qualche anni. Quando ne saremo fuori completamente.
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