Non martirizziamo i giovani: il problema non sono loro

“I giovani sottovalutano il problema coronavirus.” È questa la hit estiva che impazza sui social e sui media in generale. Altro che Alessandra Amoroso con “Karaoke”. In principio furono i runner. Poi gli anziani. In seguito quelli portavano i figli al parco. Adesso i giovani sono gli untori del Coronavirus.

“Eh vanno a ballare”. “Eh senza mascherina”. “Eh vanno all’estero in vacanza”. Ma la colpa non è dei giovani, bensì di un Paese che una volta allentate le cinghie del lockdown è tornato completamente a farsi i cazzi propri. E tra chi si piange addosso e chi se ne sbatta altamente delle linee guida, spuntano i giovani. Coloro i quali, a detta dei virologi da tastiera, sono i primi a riportare il virus.

È vero: basta passare in un qualsivoglia locale oppure andare sulla spiaggia che, le norme del buon vivere, sono finite in cavalleria. No mascherine, no gel, niente di niente. Ma non ci sono solo i giovani.

Sempre secondo l’OMdS, Organizzazione Mondiale dei dottori Social, le discoteche sono il luogo di diffusione per eccellenza. Tutti appiccicati. Io ai dottori del OMdS voglio solo ricordare che il problema non è la discoteca, ma come la si vive. Perché era ovvio e degno di La Palice che all’interno dei locali si tornasse presto alla normalità.

Da sempre, anche quando ci andavano quelli dell’OMdS che ora hanno i capelli bianchi, c’era il fitto fitto. A maggior ragione adesso, dopo tre mesi di clausura casalinga, la voglia del contatto estivo e del limone dato male con sei metri di lingua e il battito dentale sono ancora più forti.

In Toscana, il governatore Rossi ha battuto tutti sul tempo con un’ordinanza che obbliga le discoteche a misurare febbre e a tenere un indirizzario. Giusto, corretto e lecito. Peccato che una discoteca non sarà mai come un ristorante e neanche come una macelleria.

Se l’obiettivo di Rossi è quello di dissuadere i proprietari ad aprire, può essere efficace. Ma serve una presa di posizione netta perché con tali metodi non si va da nessuna parte. Ma ve li immaginate i capannelli, o meglio assembramenti, per fare l’indirizzario?

Il vero nodo della questione è che, per riaprire i locali, serviva pensare meglio al come. E, like ever, in Italia ci arriviamo quando la frittata è già stata fatta e anche mangiata.

Innalziamo la prevenzione. Perché non esportare il modello di “Movida Si…Cura” già visto a Firenze in tutta l’Italia? Creiamo un sistema e un metodo da far capire anche ai giovani ignoranti che il rischio di contagio è molto alto. Non martirizziamoli rendendoli summer untori.

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