Il centrodestra ha già dato per persa la Toscana

La sfida per le elezioni regionali in Toscana sta lentamente riprendendo avvio, dopo i mesi di lockdown che hanno inevitabilmente bloccato anche le campagne elettorali. Eppure, già dalle prime fasi della ripartenza, politici e rappresentanti di partito hanno ripreso il loro consueto lavoro, sia di propaganda che di agenda parlamentare, motivo in più per cui non si spiega come l’ufficialità delle candidature del centrodestra sia arrivata soltanto a novanta giorni dal voto.

La domanda è sempre la solita: sono sufficienti tre mesi di campagna elettorale? La risposta pure: dipende. È molto probabile che in Veneto, ad esempio, dove si è ricandidato il presidente uscente Zaia, tre mesi siano un’eternità, quasi un tempo fastidioso, viste le urgenze da gestire. Ma è altrettanto probabile che in Toscana tre mesi siano pochi, pochissimi, per scalzare una sinistra che qui governa da 50 anni. Eppure, a detta di tutti, questa volta la Toscana sembrava più contendibile che mai.

E allora perché questo ritardo?

La spiegazione non c’è, o meglio, c’è nella misura di un’alzata di occhi al cielo e un fischiettio di finta disinvoltura: è colpa del tavolo nazionale. Cioè (traduzione) dello scacchiere delle regioni che il centrodestra si è spartito al tavolo. A questo tavolo, dovevano convivere gli attuali rapporti di forza dei partiti (secondo i sondaggi, in ordine gerarchico, Lega-FDI-Forza Italia-Cambiamo), ma anche le volontà dei singoli Fitto e Caldoro, che sono già in campagna elettorale da mesi. L’altra esigenza presente a quel tavolo, e che fino ad oggi ha complicato il lavoro, era la necessità di Salvini di correre con un proprio candidato in una regione del Sud per concretizzare la svolta nazionalista del suo partito. Soltanto che alla fine ne è uscito sconfitto, a favore di una Meloni che invece può gioire. Il risultato di quell’accordo politico, infatti, vede riconfermati Zaia in Veneto e Toti in Liguria; in Campania correrà Caldoro di Forza Italia, nelle Marche Acquaroli e in Puglia Raffaele Fitto, entrambi di Fratelli d’Italia. In Toscana, appunto, Susanna Ceccardi, europarlamentare della Lega. Il pallottoliere dunque segna due per la Lega, due per FDI, uno per Forza Italia e uno per Cambiamo. Stando alla matematica, ne esce leggermente avvantaggiata la Meloni, mentre Salvini che rinuncia al Sud potrebbe far trasparire un po’ di timore nell’esito delle elezioni. E in definitiva, quel tavolo non si può che definire fallimentare, se i nomi confermati oggi sono gli stessi che erano già pronti a gennaio. Ma poi, tre mesi di quarantena possono aver stoppato una telefonata conciliatoria tra Salvini Meloni e Berlusconi?

LA TOSCANA. Il punto più controverso, peraltro, è proprio la Toscana, regione in cui la Lega di Salvini gode di una percentuale ragguardevole nei sondaggi (intorno al 27-28%) contro il 32% circa del PD. Qui il dibattito interno al centrodestra si è inasprito nel momento in cui ha cominciato a concretizzarsi l’ipotesi Ceccardi. La “zarina” di Cascina, fedelissima di Salvini e già europarlamentare del Carroccio, non ha potuto rinunciare alla chiamata del Capitano, anche se questioni personali l’avrebbero forse spinta a saltare il turno.

Ma soprattutto, il suo nome ha diviso subito gli alleati. Per mesi, né Forza Italia né i Fratelli di Meloni hanno considerato quella di Ceccardi una candidatura adatta a sfidare il principale competitor Eugenio Giani (in corsa per il centrosinistra), viste anche alcune posizioni localistiche su svariati temi, tra cui le grandi opere, che in passato hanno messo in difficoltà il centrodestra in Regione. Da qui, nelle scorse settimane, l’appello di molti rappresentanti toscani a pensare a un nuovo nome, spingendo chi per un profilo tecnico, chi per uno politico, come quello il sindaco di Pistoia Alessandro Tomasi. Ma sempre, in conclusione, si rimandava al tavolo nazionale, luogo nel quale l’ultima parola spettava a Salvini.

E tuttavia in pochi, tra i rappresentanti locali, potranno avere da ridire: da dicembre scorso, periodo in cui si concretizzò il nome Ceccardi, nessuno è riuscito a trovare un’alternativa concreta o ad avere la forza di indurre Meloni e Berlusconi a veicolare la scelta su un’alternativa. E come da sempre succede in Toscana, le scelte nazionali ricadranno sulla classe dirigente locale, che si troverà a dover rimettere insieme i pezzi.

Un compito che in prima battuta sarà proprio quello di Ceccardi, che dovrà ricompattare i propri militanti e formare una visione regionale delle questioni. Il rischio infatti, viste anche le sue battaglie pregresse, è che si rinnovi uno scontro geopolitico tra Toscana della Costa e Toscana Centrale, esattamente ciò di cui la nostra regione non ha bisogno.

Insomma, ancora una volta la destra in Toscana ha dimostrato di avere difficoltà a fare sintesi ed a trovare un candidato che metta tutti d’accordo, finendo col presentarlo fuori tempo massimo e avvantaggiare gli avversari. E niente potrà togliere dalla mente ai tanti simpatizzanti della coalizione, che ancora una volta la nostra regione sia stata la risultante di trattative altre, e che in fondo questa sfida (dopo l’Emilia Romagna) sia già stata data per persa in partenza. Si prospetta dunque una campagna elettorale tutta sotto l’ombrellone, e che, viste le premesse, rischia di prendere la piega di un’estate sciapita e stanca, senza particolari colpi di scena.

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