Giù le mani da Indro

Rete Studenti Milano e LuMe (Laboratorio universitario Metropolitano) hanno rivendicato il vile atto nei confronti della statua di Indro Montanelli.

«Chiediamo ad alta voce e con convinzione l’abbattimento della statua a suo nome» scrivono nel testo della rivendicazione i giovani milanesi. «In un momento globale così importante, che da ogni parte del mondo ci vede capaci di infrangere barriere e abbattere idoli di un mondo che non deve più esistere, crediamo che figure come quella di Indro Montanelli siano dannose per l’immaginario di tutti».

Il giornalista italiano viene infine definito «un colonialista che ha fatto dello schiavismo una parte importante della sua attività politica che, oltre ad aver portato avanti una strenua campagna di apologia del fascismo, si arruolò volontariamente durante la campagna etiope, una campagna colonialista e schiavista. Qui comprò una “faccetta nera” di nome Destà, una ragazza etiope di soli 12 anni, che usò senza ripensamenti come un vero e proprio giocattolo sessuale» la sostanza del loro ragionamento.

La statua imbrattata è stata installata nel 2006 proprio in quel parco dove Montanelli amava passeggiare durante i suoi momenti liberi e la posizione scelta dista pochi metri da dove subì un attentato delle Brigate Rosse nel lontano 1977.

Compiere questi atti vandalici per sentirsi forse vicini alla protesta americana è quanto di più stupido possano fare le nuove generazioni di studenti italiani. Esprimere adesso dei giudizi di carattere sociale su fatti consumatisi negli anni 30′ e già ampiamente superati dal dibattito negli anni 70′ serve solamente a distogliere l’attenzione su quanto ancora oggi ci sia da fare in materia di parità di genere.

Soprattutto, data la complessità e la lunga durata di una vita come quella di Montanelli, ogni giudizio espresso oggi rischia di cadere nella difesa retorica di fatti accaduti di ieri  e commentati con gli occhi di oggi.

Posso affermare tranquillamente che il 90% di chi sta leggendo questo articolo, se fosse nato nel 1909, avrebbe avuto la tessera del PNF in tasca. E non lo dico certamente per provocazione, ma osservando i numeri alla mano degli iscritti al Partito Fascista durante gli anni 30′. Certo, c’era chi si opponeva, e vorrei pensare che avrei avuto il coraggio e lo spessore di Matteotti. La verità però è che la stragrande maggioranza degli italiani scelse Mussolini e il suo regime. Quando partimmo per l’Africa negli anni 30′ ci macchiammo di atrocità inenarrabili. Esattamente come ogni esercito di allora e, forse, anche di oggi. Stupri, uccisioni sommarie, violenze. Questi spesso erano i soldati al fronte. Lo siamo stati noi in Africa così come lo sono stati i marocchini nel basso Lazio, i francesi in Congo, i tedeschi in Polonia, gli americani in Iraq e i russi in Afghanistan. Il racconto di Montanelli è il racconto di coloro che partirono volontari per il Corno d’Africa e, avendo fatto parte del XX Battaglione Ascari, adottarono gli usi e i costumi di quella gente.  Una cosa edificante? No. Comprensibile? Non con lo sguardo di oggi.

A cosa serve giudicare quei fatti con gli occhi del presente? A farci sentire migliori quando in realtà siamo semplicemente figli del nostro tempo?

 

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