Lunga vita alle botteghe di vicinato

Sembravano ormai quasi morte e sepolte sotto i colpi della grande distribuzione. Da un po’ di anni in ogni paese, in ogni frazione delle nostre città, le botteghe vicine alle nostre abitazioni sono diventate come animali in via di estinzione, come una specie da proteggere. E invece questi giorni, stravolti dalla quarantena per il Coronavirus, ci hanno portato una sorpresa. Improvvisamente, molti di noi hanno smesso di vedere quelle botteghe alimentari solo con la coda dell’occhio mentre andavamo al supermercato. Da contorno pittoresco delle nostre vie e delle nostre piazze, inaspettatamente sono diventate strategiche per fronteggiare al meglio un’emergenza che pensavamo possibile solo nei film di fantascienza.
Vuoi per evitare le lunghe code dei supermercati. Vuoi per non trovarsi in luoghi affollati percepiti come pericolosi. Vuoi perché andare al supermercato era diventato motivo di ansia tra mascherina, autocertificazione, parcheggio auto, sacchetti, tessera punti, ecc. Vuoi per la comodità o la ricerca di una sorta di rassicurazione da parte di una persona conosciuta in un contesto di forte disagio. Sta di fatto che abbiamo riscoperto quelle botteghe vicine a noi. E, con questo, abbiamo riscoperto la bellezza di creare un rapporto di fiducia con chi ci vende quello che mangiamo.

MA QUANTO DURERÀ? Confrontandosi con questi negozianti, tuttavia, risulta diffusa la consapevolezza che il fenomeno, almeno con queste dimensioni, abbia carattere transitorio. È evidente infatti che, man mano che la situazione si normalizzerà, i cittadini torneranno gradualmente alle vecchie abitudini, in cui il driver principale, se non addirittura esclusivo, delle proprie scelte di acquisto è rappresentato dal risparmio. E allora torneremo a controllare i volantini delle offerte. Ci affanneremo nuovamente nella ricerca delle offerte “3×2”. Riprenderemo a comprare prodotti ultra convenienti di marche semi sconosciute (con buona pace per la sicurezza riguardo alla qualità e alla provenienza della materia prima), magari con il bollino made in Italy garantito solo dall’ultimo tassello di tutta la filiera produttiva, quello cioè strettamente necessario per commercializzare il prodotto come un “prodotto nazionale”. Torneremo a stipare il frigorifero di prodotti in sovrannumero, salvo poi inseguire le scadenze che incombono, per non farli deperire.

PERCORSO DI QUALITÀ. E invece questo periodo dovrebbe insegnarci che, oltre alla giusta ricerca del risparmio, dovremmo tenere in debita considerazione anche altre determinanti. Innanzitutto, la qualità e la conoscenza del prodotto e del relativo sistema produttivo. Ma siccome nessuno di noi ha né le competenze, né il tempo per analizzare la filiera produttiva, ecco che subentra la necessità di valorizzare il rapporto di fiducia con il venditore, fornitore anzitutto di consigli prima che di prodotti. Ecco che diventa importante la bottega di vicinato.

CIRCOLO VIRTUOSO. Non solo. Se pensiamo che ognuno di noi è parte di un meccanismo molto più complesso, allora ci rendiamo conto che il nostro comportamento di acquisto, in piccola parte, determina l’andamento dell’economia e della società, quantomeno di quella locale. Il nostro comportamento, infatti, è tra le determinanti della probabilità di sopravvivenza dei produttori ed allevatori locali, quelli che spesso per vendere i propri prodotti si servono proprio delle botteghe di vicinato. Ancora, il nostro comportamento determina quanta parte dei soldi che spendiamo resterà in circolo nel nostro territorio. Sì, perché il negoziante di vicinato, verosimilmente, spenderà sul nostro territorio una fetta dei soldi che incassa, mentre invece i soldi che spendiamo in un supermercato vanno in buona parte ad arricchire società che hanno sede in luoghi molto lontani da noi, se non addirittura fondi di investimento con sedi in qualche paradiso fiscale.

LE STORIE CHE NON SI DEVONO INTERROMPERE. Ognuna delle botteghe di vicinato è inoltre detentrice di una storia, spesso fatta di fotografie ingiallite affisse con orgoglio dietro al bancone e di negozianti che hanno conosciuto i loro clienti a partire dai loro avi. Passaggi generazionali che hanno lasciato le loro tracce insomma e che non sono andati perduti come avviene nei rapporti di massa tipici della grande distribuzione. E quando una bottega di vicinato chiude, si porta via per sempre una storia, la storia di un legame con quel paese o con quella frazione in cui era localizzata, con tutte le generazioni che si sono succedute.

COME SOPRAVVIVERE UNA VOLTA PASSATO IL COVID-19? Sebbene sia impossibile competere con i supermercati e sia utopico pensare ad un riequilibrio dei poteri tra grande e piccola distribuzione e ad un vero mutamento delle nostre abitudini, probabilmente se, da una parte, alcune di queste semplici riflessioni verranno tenute in considerazione dai consumatori e se, dall’altra parte, i negozianti saranno bravi a curare il cliente mettendo in mostra prodotti di eccellenza e creando un rapporto fiduciario, allora forse le piccole botteghe potranno sperare di avere un futuro. I nuovi clienti, conosciuti in questo periodo anomalo, potrebbero infatti restare legati ad una cerchia di botteghe con i loro prodotti di qualità e potrebbero tornarvi, alla ricerca di qualcosa di diverso ed aggiuntivo rispetto all’offerta dei supermercati. Sarebbe già una piccola conquista.

IL COMPITO DELLE AMMINISTRAZIONI LOCALI. Per concludere, anche le amministrazioni locali potrebbero giocare un ruolo per la sopravvivenza delle botteghe di vicinato, cercando di adottare misure idonee a tutelare e valorizzare le piccole realtà tradizionali. Spesso queste botteghe hanno anche una sorta di funzione sociale, che deve essere preservata. Molti anziani si troverebbero in difficoltà con la loro definitiva scomparsa. Nelle piccole frazioni, queste botteghe rappresentano un luogo per creare un rapporto di fiducia e di amicizia. E, volendo, queste realtà giocano anche un ruolo per distribuire prodotti di filiera corta. Sono insomma l’avamposto per i produttori locali e per il nostro territorio.

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