In quegli ettari di terra delimitati grosso modo dalla zona de I Gigli, Sesto Fiorentino, l’aeroporto di Firenze e l’autostrada A11 si è giocata per anni, benché non dichiarata apertamente, una partita tra due progetti: quello di ampliamento dell’aeroporto e quello del parco della piana. Di partita si trattava, o meglio di finale a partita secca, perché quella disputa non poteva finire in pareggio. Era difficile, infatti, immaginare come i due progetti potessero convivere. Formalmente magari sì. Ma nella sostanza no. O l’uno, o l’altro. Impossibile poter immaginare di portarli avanti insieme in maniera coerente e soddisfacente.
VITTORIA ANNUNCIATA? Fino alla metà di febbraio il progetto di ampliamento dell’aeroporto di Firenze – che a lungo è stato oggetto di discussione tra le comunità e gli amministratori locali – rappresentava il contendente potente, quello favorito per la vittoria. I favori del pronostico per l’aggiudicazione dell’ultima “zona non urbanizzata” della piana sembravano, infatti, tutti a favore della squadra forte, quella che vantava una potenza economica alle spalle e che voleva a tutti i costi ampliare l’aeroporto fiorentino. La squadra debole, quella del progetto ambientalista del parco della piana, sembrava invece semplicemente uno sparring partner. Il classico Davide contro Golia, insomma.
Questo fino a quando, appunto a metà febbraio di questo anno, il Consiglio di Stato non ha messo una pietra tombale sul progetto milionario incentrato sulla realizzazione della nuova pista aeroportuale parallela all’autostrada. Quel giorno, il parco della piana, che sembrava ormai destinato a soccombere sotto i colpi del più potente avversario, ha improvvisamente rialzato la testa.
L’IMPREVISTO. In seguito, dopo il triplice fischio della partita tra i due progetti, il cerimoniale di assegnazione del titolo di vincitore si è complicato per l’arrivo imprevisto di un evento di una portata tale da stravolgere non solo la politica e l’economia locale, ma anche quella nazionale, europea e mondiale: il coronavirus. Nell’immediato, l’effetto è stato quello di dover fermare l’operatività dello scalo aeroportuale di Firenze. I flussi turistici e commerciali, purtroppo, si sono praticamente azzerati. La partita tra i due progetti ha visto l’allontanarsi dei riflettori delle attenzioni della gente comune perché altre sono diventate le priorità.
Ma, andando oltre l’immediato, il Covid-19 impone delle riflessioni.
Il coronavirus, cambiando improvvisamente e drasticamente lo scenario mondiale, ha messo sotto gli occhi di tutti l’esigenza di porre i presupposti per avere aree urbane sempre più sostenibili. In questi giorni, infatti, l’opinione pubblica è stata raggiunta da risultati scientifici importanti. Come dimostrato da numerosi studi, tra cui quello dell’Università di Harvard, vi è una correlazione tra l’esposizione all’inquinamento atmosferico e la probabilità di subire gravi conseguenza per il Covid-19. Era cosa nota che il particolato atmosferico e gli altri agenti inquinanti dell’aria fossero fattori in grado di provocare effetti dannosi sul sistema respiratorio e cardiovascolare. Ebbene, gli studi citati hanno dimostrato che la severità della specifica malattia, il Covid-19, è maggiore per le persone maggiormente esposte all’inquinamento atmosferico.
Questo dato scientifico rafforza la convinzione che sia urgente investire in opere consone a rendere le nostre città dei luoghi in cui le attività dell’uomo siano sostenibili per l’ambiente ed incentrati sull’attenzione per la salute delle persone. Dei luoghi maggiormente vivibili insomma. Devono necessariamente passare in secondo piano le opere faraoniche, il cui beneficio – esclusivamente o principalmente economico – si riverserebbe peraltro in buona parte solo su poche persone.
VERDETTO RIBALTATO? A questo punto, verrebbe da pensare che il verdetto della partita sia stato ribaltato in favore del contendente più debole, ossia quello che punta a realizzare finalmente il parco della piana. E invece, incredibilmente, pare che non sia così. Sembra infatti che i supporters del progetto di ampliamento dell’aeroporto si siano già rimessi all’opera per presentare un nuovo progetto, cercando così di superare le motivazioni che hanno portato alla fresca bocciatura.
MA COSA SERVE VERAMENTE? Tutto ciò, nonostante che con gli aeroporti esistenti oggi in Toscana – quello di Pisa e quello di Firenze – ognuno di noi sia già in grado di raggiungere ogni parte del mondo e chiunque sia interessato a venire dalle nostre parti, per lavoro o per piacere, possa farlo agevolmente.
E, ancora, tutto ciò nonostante che Firenze, con l’aeroporto attualmente disponibile e prima del coronavirus, stesse già registrando flussi turistici enormi, con effetti assolutamente positivi dal punto di vista economico ma anche con effetti di segno opposto sulla conformazione della città e sul vivere quotidiano. Effetti, positivi e negativi, che insieme non lasciavano assolutamente presagire la necessità di un aeroporto di dimensioni maggiori. Risulta difficile, in sostanza, poter pensare a flussi turistici addirittura superiori a quelli vissuti fino a tre mesi fa, senza importanti impatti sotto altri punti di vista.
Adoperiamoci dunque per agevolare al meglio i collegamenti ferroviari tra i due poli aeroportuali toscani. Cerchiamo di migliorare l’accessibilità delle città e di alzare il livello qualitativo delle infrastrutture già esistenti (aeroporti inclusi), rendendole più efficienti ed integrate col contesto, anche da un punto di vista estetico. Ma non imbarchiamoci in progetti difficilmente sostenibili per il territorio e che possono stravolgere il nostro vivere quotidiano.
Quanto ai soldi pubblici, se ci sono, indirizziamoli piuttosto almeno in parte sulla sanità, non in opere impattanti sull’ambiente e, potenzialmente, sulla salute. Questo il coronavirus ce lo ha insegnato. Non apprenderne la lezione sarebbe diabolico.
Cogliamo quindi l’occasione per realizzare finalmente il parco della piana con la “superciclopista” Firenze-Prato, un’area naturalistica usufruibile da tutti, che possa essere un vanto ulteriore per la nostra Regione e che vada a rafforzare ancor più il suo carattere distintivo, per il quale molti ci invidiano: la bellezza del territorio e la qualità della vita. Fino ad ora tale progetto, di fatto, ha avuto solo il nome. Per il resto era un contenitore vuoto e sostanzialmente incomprensibile per i cittadini. Spetta alla politica riempirlo di contenuti e realizzarlo rapidamente, vanificando così ogni tentativo di risurrezione di progetti di altro tipo.
Carissimo Alessandro, noto con piacere che il mio spunto in merito al collegamento tra diffusione della pandemia e il livello di inquinamento, ti ha fornito un valido motivo per affrontare un tema importante come quello della mobilità, cuore della socialità e dell’economia che in questi due mesi di lockdown, abbiamo imparato ad apprezzare ancora di più.
Concordo pienamente che dobbiamo dare prova a noi, e ancora di più ai nostri figli, di aver imparato la lezione e non commettere diaboliche scelte che saranno le ultime a nostra disposizione.
La nostra Regione ha una rete di infrastrutture distribuite che, salvo poche aree, copre abbastanza bene tutta la regione. Seguendo il tuo ragionamento, quello che manca è un coordinamento tra le varie forme di mobilità, che sviluppi l’intermobilità, una visione strategica d’insieme che sviluppi, potenzi le infrastrutture presenti, senza distruggere ulteriore preziose aree verdi della nostra regione.
La scelta spetta a noi cittadini e avremo a breve l’ultima occasione con le elezioni regionali. Sarà quello il momento in cui decideremo che aspetto dare alla nostra regione, se farla assomigliare ad un mega centro commerciale alla mercé delle grandi multinazionali interessate alla massimizzare del profitto turistico delle nostre bellezze artistiche, oppure creare una regione a misura d’uomo, distribuita in cui le persone possano conciliare vita, lavoro, natura, socialità, bellezza.
Quello che dovremo chiedere alla futura amministrazione Regionale sarà una visione integrata della mobilità, che non pensi ai vari sistemi di trasporto fini a se stessi, ma come parti di un’unica infrastruttura. Questa crisi epidemica ci ha insegnato come non esistono barriere o confini e quindi dobbiamo pensare in modo coordinato a livello regionale. Quindi cari Alessandro, bene al parco della piana, ma dobbiamo noi cittadini cambiare il modo con cui ci muoviamo, abbandonando i vecchi schemi chiedendo ai nostri politici meno asfalto e più infrastrutture efficienti.
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Grazie Marco. Sono spunti importanti. Un caro saluto
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