Ma voi avete mai chiesto “Come stai?” ad un giovane durante la Fase 1? E in questa categoria ci metto tutti le ragazze e i ragazzi dai 14 ai 25 anni. Un range molto ampio nel quale ci abita anche il sottoscritto.
“Come stai?”. Sono anni che la Politica ci dice che noi siamo il futuro, che tutta la generazione dal 1995 in poi sia l’Italia che verrà. Ma no, nessuno ce lo ha chiesto. Anzi, quel “Come stai” è diventato un tabù sostituito da patetiche emoticons o reactions su Instagram che sì, ci aiutano a far partire una conversazione per rimorchiare ma che non fanno capire a pieno i nostri sentimenti.
In queste poche righe voglio raccontare un mondo intero che durante questa pandemia non è stato considerato. Ma proprio per niente. Voglio parlare di due generazioni che, capito il problema, hanno lottato con le unghie e con i denti per un grammo di libertà. E, ieri, ha riassaporato la bellezza di ritrovare i propri congiunti, la propria fidanzata o semplicemente il proprio lavoro.
Perché nessuno si immedesima in centinaia di migliaia di studenti che, da un giorno a un altro, lasciano i loro banchi sicuri della classe per la noiosa cameretta. La Playstation, le videochiamate con gli amici, l’anarchia della camera possono anche essere belli ma non per cinquantasette giorni di fila. Ma poi, voi l’avete mai fatta una videolezione?
La maggior parte dei professori non sa neanche come si fa: si vedono solo le narici e poi, qualcuno, dimostra anche diverso disinteresse perché tanto lo stipendio il 27 del mese gli viene accreditato comunque. Ma lo studente deve restare lì, deve studiare perché lui “è il futuro”, ma poi se lo dimenticano.
Perché la maturità che ha proposto la Ministra Lucia Azzolina è caotica, perché il sistema scuola è in autentico subbuglio ma che ce ne frega, i giovani sono il futuro. Ma nessuno pensa a come tutto sia sia fermato bruscamente a un passo dallo scegliere l’università?
E nessuno, poi, ha provato a pensare cosa provi un universitario? Costretto nella propria camera a seguire lunghe lezioni video che sì, gli spargono cultura come un pasticcere con la sac à poche, ma che resta lì e lì si ferma. Perché l’Università è sì studio personale ma anche approfondimento.
È vero, siamo in pandemia. Ma uno studente ha il diritto di approfondire. Perché ci sono migliaia di studenti dimenticati che hanno celebrato le loro lauree davanti ad un misero schermo con giacca o tailleur e sotto la tuta e le scarpe da ginnastica. E tutti dovrebbero avere il diritto di vivere il giorno della propria laurea a pieno. Ci sono migliaia di studenti che a quella laurea non ci arriveranno prima di mesi perché gli stage e i tirocini sono stati bloccati. Le lauree in silenzio fanno male, come le maturità silenti. Entrambi momenti felici, unici e incredibili che gli studenti si meritano di vivere nella loro totalità.
“Come stai?” l’avete mai chiesto a quelli che si sono ritrovati col culo su una sedia? Perché il futuro si è trovato spalle al muro, esattamente come tutti. Ragazzi con stage avviati e tirocini partiti e poi tutti fermati. Puff. Ragazzi che avevano lottato, sudato e fatto sacrifici, anche monetari, che si sono sciolti come al sole.
Ma nessuno ci pensa a loro?
Questo non è un lamento, è un grido di un giovane nel deserto perché qui c’è una generazione che lotta. Qualcuno sta meglio e altri stanno peggio ma, tutti, sono su una grande barca ancora non avvistata dai radar. In questi pochi giorni, almeno in Toscana, i giovani si sono dimostrati cos1cienti e coscienziosi nei confronti delle misure adottate dagli organi istituzionali. Considerateci.
Non dico di pensare a strade spianate, ad autostrade da percorrere ma, la Politica, non parcheggi i giovani a casa nelle loro camere. Nessuno ha voglia di starsene con le mani in mano. Dal quattordicenne che deve fare l’esame delle medie al trentenne con la Partita Iva.
Abbiamo uno spazio davanti da percorrere, dateci l’opportunità di farlo. La situazione è delicata, forse troppo. Davanti a noi si profila un futuro cupo, tetro e con mille difficoltà. Ma noi, il “futuro”, siamo nati per lottare col coltello fra i denti. Anche solo per smentire quelli che ci hanno considerato “fannulloni” o “mammoni”.
Ricordatevi di noi. Di noi giovani. Dateci la possibilità di costruire il nostro futuro. Un futuro che passa da scuola e università e arriva al mondo del lavoro.
Non vi chiediamo il pallone, ma solo di partecipare alla partita.
ciò che affermi ,in qualche modo lo pensa anche tuo cugino di appena otto anni.Mi ha detto:’portami dallo psicologo perché questa scuola in video lezioni non mi piace.Io le maestre voglio guardarle negli occhi,sentire il loro profumo….perché mi piace quando si avvicinano per correggermi quando sbsglio’….
.A me è scesa una lacrima
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