La storia di Abukar, l’infermiere che dalla Toscana è andato nella trincea lombarda

Ripartire dagli altri. Questo Coronavirus ci ha cambiato drasticamente. Il virus ci ha fatto scoprire dei lati nascosti dei quali solitamente ci vergogniamo o trascuriamo, spesso anche negativi. Durante la pandemia infatti, sono nati gli sceriffi di quartiere pronti a dare giudizi sul comportamento altrui. Si sono elevati a scienziati o a saccenti virologi anche gli esperti del calcio da bar. In pochi però si sono fermati a riflettere sul come e quando ripartire, anche a livello interiore. In pochi hanno pensato al fatto che, nonostante la pandemia, c’è qualcuno che lavora per il bene di tutti, per la collettività.

La storia di oggi parla di Abukar Aweis Mohamed, infermiere di Signa che, spinto dalla voglia di aiutare il prossimo, ha deciso di lasciare la Toscana per andare nelle zone più colpite dal virus. Lavoro, etica professionale, amore per quel paese che l’ha accolto facendolo diventare suo cittadino sono alcuni dei punti fermi che hanno spinto Abukar a spostarsi. Dove? Non lo sapeva in principio: l’ha deciso la Protezione Civile della Lombardia il giorno successivo alla partenza. Oggi, infatti, Abukar si trova a Esine, in piena Val Camonica, e ogni giorno lotta insieme a tanti operatori sanitari della provincia bresciana.

Dopo due settimane come si sta evolvendo la situazione a Esine?
“La situazione sta piano piano migliorando, i decessi sono calati. Questo è un buon segnale perché significa che le restrizioni stanno funzionando. È anche vero, però, che stanno entrando nuovi casi. La situazione comunque è stabile. C’è da fare comunque molta attenzione e anche noi che lavoriamo dentro dobbiamo proteggerci sebbene sia difficile lavorare con divise e mascherine.”

Perché hai deciso di lasciare la Toscana per farti trasferire in un’altra zona?
“Noi infermieri e medici, tralasciando l’etica professionale, non abbiamo confini. Inoltre, io venti anni fa ho giurato fedeltà alla Costituzione quando sono diventato cittadino italiano. Vedere pazienti e colleghi soffrire in quel modo, specie nelle zone più colpite, mi ha fatto male e vedendo che la Regione Toscana era in una situazione più tranquilla mi ha spinto a dire:”Abukar, muoviti perché lì hanno bisogno”. È una scelta che ho fatto anche se ho una famiglia, due figlie e una moglie che, come me, fa l’infermiera d’emergenza. Parlando con lei, infatti, mi ha detto: “Anche io partirei, come facciamo?”. Uno doveva restare e quindi ho deciso di partire io.”

Come è andato il tuo spostamento e come hai fatto a finire in Val Camonica?

“Senza sapere il luogo di destinazione, sono andato a Roma per i controlli di routine e poi siamo partiti dall’aeroporto di Pratica di Mare con direzione Bergamo il venerdì prima di Pasqua.

A Roma, a coordinarci c’era Angelo Borrelli, capo della Protezione Civile, e questi si è dimostrato una persona umana ed eccezionale. Tutti i suoi collaboratori stanno facendo un grande lavoro, io l’ho visto coi miei occhi fin dall’accoglienza.

Sull’aereo, inoltre, si trovava anche il Ministro Francesco Boccia che, durante il viaggio, ha voluto parlare con noi. Arrivati a Bergamo, poi, siamo stati accolti dallo staff della Protezione Civile Regionale e da tutte le autorità locali.

Là, a sera, ci hanno comunicato le rispettive destinazioni dividendoci. Io sono in un gruppo di cinque persone formato da altri due toscani, una di Roma e una di Latina.

Come è stata l’accoglienza ad Esine? Cosa ti manca di più?
“Mi mancano le mie bambine e mia moglie. Mi mancano gli amici toscani e il loro modo di fare. Quando siamo arrivati qua, la direzione dell’Ospedale era a attenderci nonostante fosse sera. Ci hanno spiegato il modus operandi e ci hanno dato il badge. Ci hanno fornito due macchine aziendali per spostarci con già il pieno dentro, nessuno ci avrebbe mai pensato. In casa, inoltre, ci hanno lasciato la spesa pensando al fatto che ci sarebbe stata la Pasqua due giorni dopo. Tutto questo è bellissimo e, ogni giorno che passa, ci ringraziano.”

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