Alcuni virus si combattono stando a casa, altri uscendo fuori. Ce n’è uno in particolare, che proprio come il Covid-19, in questo periodo si sta diffondendo a macchia d’olio. Un virus nel virus, potremmo dire, che è fatto di botte schiaffi e violenza in generale: quella tra le mura domestiche, cresciuta a dismisura in seguito al lock-down. La cronaca nera oggi batte la notizia di un uomo che, a Levane, nell’aretino, ha aggredito a coltellate i due figli, uccidendo la femmina di 6 anni e ferendo gravemente il maschio. Ma è solo l’ultima cifra di un numero piuttosto lungo.
I DATI DELL’ULTIMO MESE. La rete dei centri antiviolenza D.i.Re ha contato che in un mese, tra marzo e aprile, le richieste d’aiuto sono aumentate del 74,5% in più rispetto alla media dell’anno scorso. In totale sono 2.867 chiamate, circa 84 ogni giorno. Tenendo per buono il dato Istat che garantisce che generalmente le violenze denunciate sono meno del 10% di quelle perpetrate, diventerebbero quasi 30.000 in un mese, poco meno di 1.000 ogni giorno, tanto per dire. Un terzo delle donne che a marzo si è rivolto ai centri antiviolenza non l’aveva mai fatto prima, sintomo che si trovano probabilmente in una condizione nuova rispetto alla vita pre-quarantena. La Toscana, sempre secondo la rete D.i.Re, è una delle regioni più colpite, anche se ospitando molti centri antiviolenza raccoglie molte più denunce, per cui è facilmente ipotizzabile che il dato possa essere esteso a livello nazionale.
E anzi, internazionale, se lo scorso 6 aprile il Segretario Generale dell’Onu Antonio Guterres, ha lanciato l’allarme sul fenomeno delle violenze domestiche, rese ancor più pressanti dal confinamento forzato a causa del Coronavirus.
In Italia, sono state raccolte 5.000 firme di associazioni ed enti che si occupano di questo tema, per chiedere un intervento al Governo, soprattutto rivolto ai minori. Tra i promotori il centro fiorentino Artemisia, che fornisce anche alcuni dati: in Italia 450.000 bambini e adolescenti sono in carico ai servizi sociali, 91.000 di questi lo sono a causa dei maltrattamenti che subiscono in casa.
Non ci vuole un genio per capire che la convivenza forzata può accentuare i comportamenti violenti e peggiorare lo stato psicologico di chi aveva già labilità in questo senso, ma viene da chiedersi quando verranno adottate misure serie rispetto a questo fenomeno. Finora alcuni Comuni, anche delle nostre zone (ad esempio Campi Bisenzio) hanno attivato reti gratuite di sostegno da parte di psicologi del territorio, ma è chiaro che l’azione spot di pochi non può bastare per fronteggiare il problema. E purtroppo, un tema che non ha mai fatto notizia, difficilmente trova spazio oggi, tra le varie emergenze sanitarie, economiche, lavorative in corso.
Troppo spesso si è chiuso una porta per tenere fuori il virus, dimenticando completamente ciò che rimane all’interno.
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