PRATO: come cambierà la mobilità con il coronavirus

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Ancora è presto per avere delle informazioni esatte o delle conferme. Siamo tutti chiusi in casa e la nostra mobilità è ridotta allo stretto necessario, ossia fare la spesa e, se la nostra occupazione è tra quelle che beneficiano delle deroghe, raggiungere il luogo di lavoro. Poco altro. Non è presto però per provare a fare un salto in avanti e condividere qualche ipotesi su come potrebbero cambiare le abitudini a Prato in materia di spostamenti all’epoca del Coronavirus, almeno fino a quando – forse meglio dire “se e quando” – non sarà stato approvato e rilasciato un vaccino in grado di mettere tutti al riparo dal rischio Covid-19.

LA CERTEZZA. Una delle poche certezze è che molti saranno restii ad avvalersi dei mezzi pubblici. Oddio, già sappiamo che i pratesi non sono mai stati dei grandi utilizzatori degli autobus o della LAM. Probabilmente, però, la freddezza dei pratesi verso l’unico mezzo pubblico cittadino sarà maggiore dopo questa esperienza di quarantena. Ad aggravare il quadro potrebbero aggiungersi inoltre delle restrizioni obbligatorie, nel senso che per motivi di tutela della salute si potrebbe ridurre il numero massimo delle persone ammesse sullo stesso mezzo di trasporto. In definitiva, quindi, i due fattori – disaffezione crescente verso il mezzo pubblico e restrizioni al numero di accessi possibili – potrebbero portare a una minore richiesta di mobilità pubblica. Ma a quel punto, avrà ancora senso mantenere le tante corsie preferenziali riservate ad autobus poco utilizzati o, forse, potrebbe convenire ridurne il numero per dare maggior spazio di circolazione ai veicoli privati?

LA PARTITA TRA CAP E I FRANCESI. E qui viene da fare una riflessione ulteriore. Come sappiamo il trasporto pubblico regionale è stato aggiudicato con lotto unico regionale a una società controllata dai francesi di RATP, denominata Autolinee Toscane. Tralasciando il fatto che la partita dei ricorsi al TAR o al Consiglio di Stato non è ancora conclusa, l’aggiudicazione è avvenuta prima dell’esplosione del Coronavirus con avvio del servizio da parte del nuovo affidatario ad oggi previsto a partire dal 1 giugno di questo anno.
Ecco, se la vediamo esclusivamente in ottica di impresa e quindi puramente economica e mettendo da parte ogni altra logica (locale, politica, di sistema, extra-imprenditoriale o comunque la si voglia chiamare) a posteriori viene da chiedersi se Cap – riunita in Mobit con gli altri attuali gestori – sia stata veramente così sfortunata a perdere la gara. Con meno biglietti venduti a causa del Covid-19, il business del trasporto pubblico potrebbe infatti diventare poco remunerativo o addirittura un business in perdita. Per Cap Cooperativa, socio unico di Cap Autolinee, la sconfitta alla gara sul trasporto pubblico potrebbe quindi rivelarsi meno amara o addirittura – ripetiamo, in un’ottica di mera valutazione del ritorno economico dell’investimento – potrebbe configurarsi come un’opportunità per risparmiare soldi da investire diversamente. Se il livello occupazionale che era garantito da Cap sarà assicurato anche dal nuovo gestore Autolinee Toscane, alla fine potrebbe trovare conferma il detto che “non tutto il male viene per nuocere” considerando l’imprevedibilità di quanto accaduto. Del resto, sappiamo bene che intestardirsi per portare avanti business non remunerativi – quale potrebbe essere il trasporto pubblico post Coronavirus – in termini economici significherebbe “distruggere valore”, in termini finanziari vorrebbe dire “bruciare liquidità”. Ricorda niente, su scala nazionale, il caso Alitalia?

All’epoca della partecipazione alla gara i valori in gioco erano probabilmente diversi: per tutte le città il tentativo di indurre le persone a un maggior utilizzo della mobilità pubblica aveva un valore strategico, anche se a Prato – ma in generale in Italia – questa tendenza era (ed è) ancora tutta da dimostrare e ben distante dai trend internazionali. Adesso i francesi – se i tribunali amministrativi confermeranno l’aggiudicazione in loro favore – dovranno accollarsi la rete pubblica, pur sapendo di poter forse ottenere una remunerazione minore rispetto alle attese. Se la gara ci fosse oggi, ossia nello scenario in cui le città devono convivere con il Coronavirus, i francesi parteciperebbero ugualmente? Il dubbio rimane.

CAR SHARING. Un’alternativa al trasporto pubblico locale ma con maggior grado di sicurezza pensando al rischio Covid-19, considerando che non si deve condividere il mezzo di trasporto con altre persone, sarebbe rappresentata dal servizio di car sharing. A Prato ha avuto un ruolo molto residuale con l’operatore Car2Go (oggi diventato Share Now). Purtroppo, però, tale operatore ha deciso da qualche mese di eliminare l’area di Firenze (e quindi anche quella di Prato) dalle aree di propria operatività, in quanto scarsamente remunerativa. Evidentemente l’area metropolitana Firenze-Prato-Pistoia non è ancora abbastanza matura per certi investimenti. Peccato, perché sarebbe stata una soluzione utile per alcuni spostamenti, a maggior ragione in questo frangente. Si affacceranno altri operatori nella piana?

I PENDOLARI PRATO-FIRENZE. Che dire di tutti quei pratesi che ogni mattina si recavano in treno a Firenze per motivi di studio o di lavoro? Continueranno ad utilizzare quei treni che solitamente erano piuttosto affollati, oppure la paura di subire il contagio costituirà un deterrente all’utilizzo di tale mezzo? Purtroppo, sappiamo che come alternativa al treno c’è solo l’autostrada A11, con imbottigliamento pressoché garantito all’altezza di Peretola. Qui la situazione potrebbe migliorare solo nel lungo termine con la prevista realizzazione della terza corsia dell’autostrada A11 nel tratto di circa 27 km compreso tra Pistoia e Firenze. Peccato che i tempi siano imprevedibili, a maggior ragione considerando che è in pieno svolgimento la querelle tra il Governo italiano e la società Autostrade (facente parte della galassia Atlantia-Benetton) seguita alla tragedia del Ponte Morandi. Per dovere di cronaca, segnaliamo che la società Autostrade pochi giorni fa ha presentato al Governo il piano di investimenti che verrebbe attuato in caso di accordo tra le parti sui vari punti pendenti. Per il tratto Pistoia-Firenze è previsto un investimento di 350 milioni di Euro, già cantierabili grazie ad attività di progettazione già concluse.

LA CARA VECCHIA AUTOMOBILE. Torneremo quindi all’antico costume pratese che vuole un cittadino in ogni macchina da cinque posti? Molto probabilmente sì. Al netto di qualche fattore che potrebbe ridurre il traffico cittadino – come ad esempio il fatto che lo smart working potrebbe essere intensificato da parte di alcune realtà lavorative in virtù dell’esperienza fatta durante la quarantena – tutto fa pensare che i pratesi continueranno ad usare ognuno la propria automobile e che ora tale abitudine sarà giustificata anche dalla sensazione che non sia prudente, da un punto di vista sanitario, usare i mezzi pubblici.

C’è però da considerare un altro elemento. Il Coronavirus, ormai si è capito, scatenerà una grossa crisi economica. Quante famiglie potranno ancora permettersi di avere una o più automobili nel proprio garage? Un’automobile infatti si porta dietro, oltre al costo di acquisto, diverse altre voci di spesa: bollo, assicurazione, benzina, catene o gomme invernali, revisione periodica, tagliando, ecc.

SCOOTER. Per le strade cittadine, il fratello minore delle automobili è lo scooter. Agile e indipendente, ti garantisce la puntualità agli appuntamenti con un buon grado di approssimazione. Inoltre, non paga il parcheggio e questo non è un vantaggio da poco. Lo svantaggio è rappresentato dall’esposizione a pioggia e freddo e, forse, da una maggiore pericolosità. A Firenze praticamente non esiste famiglia che non abbia uno scooter, preferibilmente a ruote alte. Ma se i nobili cugini fiorentini ne fanno un uso massiccio, noncuranti del freddo e della pioggia, cosa esattamente impedisce una pari diffusione degli scooter a Prato? Forse il fatto che a Prato molte persone la sera riescono ancora a parcheggiare l’automobile in garage o sotto casa, mentre a Firenze risulta essere una missione quasi impossibile?

LE NOVITÀ. Potrebbe essere la volta buona, soprattutto per chi deve fare tragitti brevi, per ricorrere in maniera più massiccia a mezzi ecologici come biciclette, biciclette elettriche, monopattini e monopattini elettrici (che sono stati equiparati alle biciclette ai sensi del Codice della Strada e che quindi hanno superato gli ostacoli normativi preesistenti). Del resto, in questi giorni di quarantena molti si sono lamentati per il fatto di non poter più fare alcun tipo di attività motoria. Perché non mettere alla prova tutto questo improvviso desiderio di movimento fisico? Se fosse confermato dai fatti, i pratesi potrebbero contare su una rete di piste ciclabili abbastanza diffusa che, recentemente, ha visto aggiungersi ai tratti storici le nuove realizzazioni in Viale della Repubblica, Via Ferrucci, Via Montalese e Viale Montegrappa. La raccomandazione però è sempre la stessa: munitevi di un lucchetto robusto (meglio anche due) o trovate un rifugio sicuro per il vostro mezzo quando lo lasciate.

4 risposte a "PRATO: come cambierà la mobilità con il coronavirus"

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  1. Ale sei preparatissimo su tutto… comunque la questione è molto seria vedremo il divenire di questo pandemia ma comunque la si giri è un problema

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  2. Alessandro, concordo a pieno con l’analisi delle abitudini dei Pratesi e della molto probabile spinta del fattore covid al maggior uso dell’auto. Andrebbe però ecidenziata un altro insegnamento che questa pandemia ci sta lasciando in eredità e che il main stream giornalistico a mio avviso non evidenzia adeguatamente. Le analisi scientifiche condotte nell’area lombarda hanno dimostrato che uno dei fattori che hanno portato ad una così violenta diffusione del virus sia ascrivibile alla forte concentrazione di polveri sottili che ha fatto da vettore della pandemia, ampliando il raggio di contagio di ogni soggetto positivo. A questo punto nella tua analisi dei costi benefici delle alternative alla mobilità personale, tralasciando per un momento l’aspetto ambientale e provando a ragionare solo in modo utilitaristico personale, penso che tutti noi dovremmo considerare l’effetto di un incremento della mobilità con mezzi privati tradizionali (auto, scooter) sull’incremento del risciò di un maggior contagio quando ci sarà la seconda o terza ondata di contagio come tutti i virologi ci stanno dicendo che dovremo affrontare. Non so se aver più paura dell’ autobus o di quello che abbiamo visto a Brescia e Bergamo. In sintesi se ragioniamo in modo più lungimirante, forse la bici e gli altri mezzi elettrici sono l’alternativa più conveniente!

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    1. Sicuramente il fattore inquinamento e la sua incidenza sul contagio sono da considerare. Molte persone fanno tragitti brevi in auto (perdendo un sacco di tempo on coda) e potrebbero probabilmente valutare delle alternative. Per altre persone rinunciare alla macchina è più difficile. In ottica di benessere collettivo, il fattore che citi è sicuramente da considerare. Purtroppo però ancora molti sono portati a pensare solo a se stessi e poco come parte di una comunità… grazie per l’intervento Marco.

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