Siamo tutti in attesa di un nuovo decreto da parte del Governo che potrebbe anticipare le riaperture delle aziende. Sono tantissime le pressioni che gli industriali, nelle ultime ore, starebbero facendo a Conte e ai suoi ministri per ripartire. La curva dei contagi sembra aver iniziato finalmente una lenta discesa ma, tra i tanti che dovrebbero tornare a lavoro, la paura è ancora molto alta.
Esistono, in questa ottica, dei dati chiari sui luoghi dove gli italiani hanno contratto il coronavirus? La risposta è no, tranne che per la Sardegna. Ringrazio l’amico Giulio Nesi per la segnalazione di questo articolo apparso su Sardinia Post pochi giorni fa e che ho trovato illuminante.
LA SITUAZIONE SARDA. I dati rilasciati dalla giunta regionale sarda parlano chiaro: l’84,7% dei contagi è avvenuto all’interno degli ospedali e delle RSA per anziani. Solamente il 7,8% è avvenuto al di fuori delle strutture sanitarie (quindi a lavoro, nelle fabbriche, nei negozi, al supermercato, in palestra, al cinema ecc ecc) mentre il 7,5% non è stato ancora individuato ma comunque non si tratta di una percentuale in grado di stravolgere le precedenti proporzioni. Sono numeri che, se confermati a livello italiano, almeno due riflessioni me le fanno venire.
PERCHÈ QUESTI DATI NON SONO DISPONIBILI SU SCALA NAZIONALE? Sono dati fondamentali per comprendere se ha ancora senso tenere quasi 60 milioni di italiani in casa e se, soprattutto, ha avuto senso mettere in ginocchio l’intera economia di un Paese già in difficoltà e se, nel caso, si sarebbe potuto fare diversamente come hanno fatto altre nazioni europee.
DI CHI SONO LE RESPONSABILITÀ? Se l’84,7% dei contagi è avvenuta all’interno di strutture sanitarie, di chi è la responsabilità se non dello Stato? Dello Stato ovviamente. Se i dati sardi saranno confermati anche per il resto d’Italia, le responsabilità del nostro sistema sanitario, e quindi dello Stato, sarebbero enormi.
A questo punto non resta che attendere. Magari questi numeri usciranno tra qualche mese quando, probabilmente, sarà già troppo tardi per molte imprese e molti negozi.
Tra poco comunque potremo giudicare con serenità la gestione di questa emergenza. Mi auguro che al governo abbiano la consapevolezza che l’aver mandato avanti anche mediaticamente decine di tecnici e task force fatte per l’occasione, non li solleverà minimamente da ogni responsabilità politica. Avere demandato le decisioni più importanti al parere di consulenti che non devono rispondere delle conseguenze del loro operato al Parlamento, e quindi ai cittadini, è una cosa che mette in discussione anche le condizioni più basilari del nostro sistema democratico.
Avremo tempo per parlare di questo.
Adesso tirate fuori i numeri e fateci capire dove abbiamo contratto questo maledetto virus. Perché se veramente l’incidenza del contagio extrasanitario fosse del 7,8%, ci dovete spiegare per quale motivo avete voluto mettere in ginocchio la nostra economia.
Il dato fa riflettere molto in effetti. Anche io, tra i tanti dubbi, ho quello della gestione indifferenziata per tutte le realtà dello stesso e unico rimedio: la chiusura totale. Certe Regioni, soprattutto al sud, hanno pochi contagi. È giusto che i provvedimenti lì siano gli stessi della Lombardia? Il minuscolo Molise (circa 300.000 abitanti) passa intere giornate con contagi zero (addirittura circa 100 su circa 130 Comuni sarebbero Covid free). Dirai che il Molise conta poco. Va bene. Ma quante situazioni diverse avremo nel territorio nazionale? Possibile che non ci fosse il modo di modulare i provvedimenti in base alla diversa gravità dellale situazioni? Per carità, il compito di Conte è ingrato e, comunque decidi, sbagli. Bisogna essere consapevoli che è una situazione senza precedenti e quindi ci sono tutte le attenuanti del caso. Però due riflessioni le faccio.
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