Gli ultimi sondaggi sul gradimento degli italiani parlano chiaro: Conte è il premier preferito dal 51% degli italiani e il 71% di loro considera positivamente l’operato del suo governo. Lo dico chiaramente: io non sono né in quel 51% né tantomeno in quel 71%. Anzi, se possibile, queste settimane di crisi hanno ingigantito ancora di più la mia avversità nei confronti di tutto quello che viene deciso da Conte ma, soprattutto, dal suo staff comunicazione. A dirla tutta, sta aumentando la mia avversità nei confronti di questo continuo tentativo, a dire il vero iniziato dalla nascita del Conte bis, di normalizzare quel gruppetto di barbari populisti che hanno preso le redini del Paese ormai da Febbraio 2018. I barbari, cari amici, non si istituzionalizzano. Non si romanizzano, c’è poco da fare.
Conte rimarrà sempre quel premier che ha firmato e presentato in pompa magna i decreti vergognosi di Salvini anche se oggi pranza con Franceschini, Bersani e D’Alema. Il sottosegretario Di Stefano, al pari della sua collega Taverna, rimane quello che si è fatto due mandati in Parlamento grazie alla vittoria del populismo e dell’antipolitica, della delegittimazione delle istituzioni, del massiccio ricorso alle fake news e a campagne d’odio ingegnerizzato, della messa in discussione delle competenze e dell’uno-vale-uno casaleggiano. Ci ricorderemo per sempre quello che ha prodotto il grillismo, Conte compreso, e non saranno di certo queste settimane di propaganda a farcelo dimenticare. Ma torniamo a noi.
IL CHURCHILL DI SAN GIOVANNI ROTONDO. Prima di tutto non condivido affatto il clima forzatamente epocale che Rocco Casalino ha deciso di disegnare attorno alle gesta del Presidente del Consiglio. Ho la fortuna di poter apprezzare l’operato quotidiano del sindaco di Prato Matteo Biffoni, con tutti i dovuti paragoni e che non vedo l’ora di tornare a criticare per altre cose, che ha affrontato fin dal primo minuto questa situazione con estrema dose di sobrietà. Quella che manca a Conte e a tutta la sua macchina mediatica per intenderci. Con queste faccine in stile Barbara D’Urso, con il volto photoshoppato, patinato, rileccato, da far invidia alle copertine dei rotocalchi anni 70′. Per non parlare del post su Instagram in cui l’ex docente ordinario di diritto privato si paragonava a Churchill. Non abbiamo bisogno di questo, anche se i sondaggi sul gradimento precedentemente citati sembrano non darmi ragione.
In teoria, non abbiamo neanche bisogno di un governo che anticipa le bozze dei decreti alla stampa, salvo poi tornare sui propri passi, lasciando milioni di italiani nel caos più totale. Ricordo ancora l’ultimo fine settimana prima della quarantena. Era Sabato pomeriggio tardi, una velina con la bozza del decreto venne pubblicata sui principali quotidiani e milioni di italiani non seppero più cosa fare. È successa la stessa cosa per altri decreti e per altre decisioni come quella sulla scuola, dove il Ministro Azzolina si è ritrovata a smentire davanti alle telecamere una bozza fatta uscire da ambienti vicini alla Presidenza del Consiglio qualche minuto prima. Ma sono passate quasi tre settimane da quei giorni assurdi e, siccome il tempo scorre più lentamente rispetto al solito, sembrano passati due anni e non qualche giorno. Molte persone, fortuna loro, si sono già scordate del modo imbarazzante in cui fu affrontata istituzionalmente questa emergenza nelle prime battute.
SALVATE IL SOLDATO BORRELLI. L’appuntamento che scandisce le nostre giornate è diventata ormai la conferenza stampa del capo della Protezione Civile Borrelli. Bollettini di guerra che, fino a qualche giorno fa, non facevano che intaccare il già provato umore di milioni di italiani. Da qualche giorno pare che la curva dei nuovi contagi si stia assestando e, naturalmente, incrociamo tutti le dita. Per quale motivo però non c’è mai un ministro del governo accanto a Borrelli ad assumersi anche la responsabilità politica delle scelte compiute da che questo esecutivo? Perché la responsabilità delle scelte è tutta politica è trovo sia assurdo che a metterci la faccia sia un profilo che non è politico come Borrelli. L’unica volta che c’è andato il Ministro Boccia comunque, abbiamo visto tutti la pessima figura che è stato in grado di fare, con le battutine sulle mascherine di tessuto che hanno alzato non poche polemiche. Abbiamo bisogno d’altro. Di chiarezza. Di spessore politico.
ROCCO. E invece ci siamo ritrovati un Paese che sta andando a rotoli in cui i tempi della politica vengono decise niente di meno che da Rocco Casalino, passato alla storia per essere stato un concorrente del primo Grande Fratello, per qualche piccolo scandalo degno del gossip più basso, per essersi depilato le ascelle sull’ottimo settimanale Dipiù e poco altro.
Manca chiarezza dicevo. Quella chiarezza che non ha Conte (e a Casalino) quando annuncia che parlerà il Sabato sera alle 21. Poi alle 21.30. Poi alla 22. Per poi alla fine andare in onda sul suo profilo Facebook alle 23.30 con un monologo ripetuto a pappagallo, nel quale praticamente non dice nulla di interessante, aggiungendo altra ansia al clima di totale incertezza collettiva di questi giorni.
In uno dei periodi più difficili per la nostra Repubblica, in cui si registra la più importante sospensione dei diritti costituzionali dal 1948 a oggi, avremmo bisogno di mantenere salde le regole della democrazia. Quelle che impongono al Parlamento di riunirsi, di dibattere le scelte del Governo, di esporre l’esecutivo anche alle aspre critiche dell’opposizione se necessario. Il premier Conte dovrebbe parlare oggi alla Camera dopo settimane di assenza. Attendiamo e poi, forse, commenterò.
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